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Mobilità  personale ferroviario: risposta delle Organizzazioni Sindacali a Fercargo

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Documenti - Mobilità  personale ferroviario: risposta delle Organizzazioni Sindacali a Fercargo

10 Ottobre 2016

FerCargo
Via Vicenza n. 26 00185 ROMA
CA Presidente – Giancarlo Laguzzi
e, p.c.
Ministero delle Infrastrutture e Trasporti
Piazza Porta Pia 1, 00198, Roma Ministro – On. Graziano Delrio
Ferrovie dello Stato Italiane
Piazza della Croce Rossa 1- 00161 – Roma
Amministratore Delegato – Ing. Renato Mazzoncini

Trenitalia S.p.a.
Piazza della Croce Rossa 1- 00161 – Roma Amministratore Delegato – Dott.ssa Barbara Morgante
Ministero delle Infrastrutture e Trasporti
Piazza Porta Pia 1, 00198, Roma
Sig. Capo Gabinetto Dott. Mauro Bonaretti

Oggetto: Mobilità  personale ferroviario.

Poiché nel nostro Paese è previsto l’istituto delle “dimissioni”, non può essere impedito ai
lavoratori di muoversi nel libero mercato al fine di acquisire migliori trattamenti di quelli in
godimento, come sta accadendo da anni negli altri Paesi Europei, dove il trasporto merci
ferroviario sviluppa quote di mercato ben più ampie che in Italia.

La nota di codesta Associazione, nella quale si contestano le presunte assunzioni da parte di
Trenitalia di numerosi macchinisti dipendenti di imprese ferroviarie aderenti a Fercargo, chiedendo
soluzioni transitorie a breve termine per “risolvere le esigenze delle Imprese Ferroviarie tutte e
non privilegi il soggetto dominante” , è l’ennesimo piagnisteo a cui siamo stati abituati da
analoghe iniziative che si sono susseguite negli ultimi anni.

A questo proposito dobbiamo ricordare che, da sempre, le nuove imprese ferroviarie applicano ai
propri dipendenti prevalentemente contratti individuali mai discussi col sindacato, che prevedono
prestazioni giornaliere al limite della normativa di legge e retribuzioni notevolmente inferiori al
contratto di settore di riferimento, nello specifico Contratto della Mobilità / Area attività 
ferroviarie, del 20.7.2012.

Infatti, nonostante la disponibilità  del Sindacato, solo in pochi casi è stato possibile
raggiungere accordi collettivi che definissero condizioni migliorative rispetto ai contratti
individuali.

Giudichiamo pertanto imprudente l’atteggiamento delle imprese ferroviarie che, in un mercato ormai
liberalizzato da anni, non abbiano provveduto ad applicare adeguate condizioni normo-retributive,
tali da scongiurare l’uscita di lavoratori altamente specializzati, come i macchinisti addetti alla
condotta dei treni merci, in vista della tanto attesa ripresa del settore.

Quindi, l’auspicata ripresa economica del settore, per le scriventi, non può che portare a un
miglioramento delle retribuzioni e dei limiti normativi per i lavoratori coinvolti, soprattutto laddove le
Imprese annunciano che il numero di treni-km movimentati è quasi quintuplicato.

D’altronde, ci risulta che fino ad oggi tali imprese non abbiano avuto remore nel ricorrere a
personale pensionato quale soluzione al problema del fabbisogno di nuovi macchinisti, senza far
alcun accenno ai principi della liberalizzazione del settore né agli elevati tassi di
disoccupazione giovanile di cui soffre questo paese. Scelte che non condividiamo e che riteniamo,
sul piano dell’etica, sbagliate.
In conclusione, non possiamo che ricordare che la liberalizzazione non può essere a senso unico e
che la concorrenza non si può svolgere solo sul costo del lavoro.

L’unica soluzione per scongiurare il rischio di un’emorragia di manodopera altamente specializzata
è agire sulle cause e non sugli effetti garantendo condizioni adeguate ai lavoratori interessati,
auspicabilmente in tempi brevi, contrattate con le Organizzazioni Sindacali di categoria.

Distinti saluti,

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