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Relazione convegno sulla Previdenza del 26 ottobre 2011

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Documenti - Relazione convegno sulla Previdenza del 26 ottobre 2011

3 Novembre 2011

Care amiche, cari amici, gentili ospiti, benvenuti.

Desideriamo innanzitutto ringraziarvi per aver voluto condividere questa giornata di lavoro
dedicata al futuro dei nostri giovani. L’appuntamento di oggi fa parte di una serie di
iniziative che la FIT-CISL sta dedicando alle nuove generazioni di lavoratori dei trasporli.
Vogliamo essere soggetto attivo dello sviluppo della nostra società , parlecipare alla ripresa
e diffusione di benessere, presente e futuro.
Parlare di presente in queste giorni significa affrontare argomenti poco piacevoli: crisi,
crollo dei mercati, disoccupazione, declassazioni, tagli, proteste, poche speranze,
malessere sociale generale.
Pensare al futuro, per chi vive del proprio lavoro, impone di occuparsi inevitabilmente di
previdenza. E prima che sia troppo tardi, e indispensabile conoscere, essere informati,
sciogliere i dubbi e cercare le soluzioni, ove possibile, insieme a professionisti competenti
come i molti presenti.
E con il senso di responsabilità  evocato nello slogan della giornata.
Chi – come noi – opera in ambito sociale, è portatore di una cultura che pone al centro i
lavoratori, le lavoratrici, i giovani, le fasce piu deboli. E’ nostra primaria responsabilità 
coinvolgerli e renderli protagonisti di azioni concrete ad arginare le conseguenze future di
una situazione non più sostenibile che è il prodotto di irresponsabilità  e indifferenza, se non
proprio Incoscienza, di chi ha poftato il nostro Paese alla deriva.
Con il convegno di oggi vogliamo dire apertamente che non è piu il momento di
tergiversare, di tacere, di nascondere le defaillance del sistema. I comportamenti della
nostra classe politica hanno mostrato uno scarso senso di responsabilità  verso la cosa
pubblica. L’allegra gestione della spesa e l’inadeguata lotta all’evasione stanno
condizionando il destino di una grossa fetta di popolazione fatta di lavoratori a basso
reddito e giovani senza lavoro o precari: una generazione di trentenni che si vedono offrire
lavori temporanei, sottodimensionati e sottopagati. “una generazione di sprecati” come
sono stati definiti, a cui vanno date delle risposte, offerte delle opportunità  per un futuro
migliore. Una generazione che sconta persino il paradosso di pagare le attuali pensioni
senza avere la cerlezza di goderne una!
ln un mondo guidato dalla speculazione finanziaria e non dalla creazione di una sana
ricchezza, in cui la fa da padrona l’economia di carta e non quella reale, in una realtà 
difficile quindi da decifrare ed accettare, questo paradosso sembra uno scherzo: dobbiamo
chiedere ai giovani di appoftare nuova linfa contributiva e intanto, per ragioni puramente di
cassa, chiediamo a chi sta dentro il sistema di non andare in pensione.
“ln una situazione che diventa piu critica sotto il profilo economico e demografico, la
ricerca dell’equilibrio finanzlario del sistema previdenziale rappresenta un obiettivo
prioritario. ll governo ritiene che un metodo di calcolo di tipo contributivo risponda
adeguatamente allo scopo”. Con queste parole, già  nel 1995, I’allora Presidente del
Consiglio Dini dava inizio ad un nuovo corso in tema previdenziale.
Da quel momento la pensione sarà  calcolata in base ai contributi realmente versati e non
piu sulla media dei redditi degli ultimi anni e la sua rivalutazione agganciata al PlL.
All’epoca non si prevedeva certo che il PIL potesse essere negativo, come e accaduto
solo un paio di anni fa, e che la crescita, quando presente, potesse essere così flebile.
Tanto meno si prevedeva che chi entra nel mondo del lavoro potesse andare incontro a
carriere discontinue, precarietà  e lunghi periodi di disoccupazione. Non ci si immaginava
che il futuro pensionato potesse ricevere un assegno che lo porrà  a rischio di poveftà .
Molti Governi stanno dibattendo la questione delle pensioni e non solo in Europa. La
soluzione migliore sarebbe quella di ridare slancio alla crescita economica. Per farlo ci
vogliono lungimiranza, coruggio, quel senso di responsabilità  che fino ad oggi è mancato.
La necessità  di fare cassa ha sempre sovrastato la volontà  di affrontare realmente il
problema e pofiato a provvedimenti tampone che non seguono una strategia di riordino
complessivo.
L’innalzamento dell’età  pensionabile delle lavoratrici a 65 anni, produce 4 miliardi di
risparmio per lo Stato, risparmio che avrebbe dovuto essere destinato a favore del lavoro
delle donne, delle politiche di conciliazione, di servizi sociali, asili nido, ecc.. Ed invece
seryono a far quadrare altri conti. Dirottati verso altre voci che con le lavoratrici non hanno
nulla a che fare. E’ questo un altro dei paradossi provocato dalla estemporaneità  dei
provvedimenti, caratteristica dei governi succedutisi nel corso degli anni.
“Ci penseremo quando sarà  il momento”. E’ una frase che sentiamo ripetere spesso,
quando parliamo di pensione e di quella complementare in parlicolare. Comprensibile
diciamo noi. Con una disoccupazione giovanile al30% la priorità  e sicuramente trovare un
lavoro o tentare di stabilizzarlo. Ma non è tutto.
A nostro avviso, manca nei giovani lavoratori e lavoratrici la consapevolezza di come
saranno le proprie future pensioni e, in senso più generale, una profonda cultura
previdenziale.
ll sindacato, come parle istitutiva, ha la propria responsabilità . Dopo l’impegno profuso per
spiegare la riforma della previdenza complementare, dal2007 in poi le parti istitutive dei
fondi pensioni si sono eclissate lasciando un vuoto. Se domandiamo alle lavoratrici e ai
lavoratori perché non si iscrivono alla previdenza complementare la risposta – che più
frequentemente riceviamo – e che non c’è sufficiente informazione e continua a prevalere
una diffidenza nello strumento, ritenuto poco affidabile rispetto al consolidato e noto Tfr
lasciato in azienda.
ln un contesto armonico e condiviso si creerebbero le condizioni piu adatte per lo sviluppo
dei fondi di pensione integrativa, che invece fa registrare ancora gravi ritardi. Nel settore
dei traspofti la percentuale degli iscritti raggiunge appena il 30%. I piu restii sono proprio i
giovani, le donne e i lavoratori delle aziende piu piccole.
lniziative sulla materia non mancano. Purtroppo finora non hanno raggiunto l’obiettivo di
coinvolgere i lavoratori, ed i giovani in modo specifico. E’ necessario un momento di
riflessione per capire in che modo, il sindacato, ma non da solo, possa trovare le idonee
soluzioni per rimuovere le cause dell’attuale disinteresse.
Oggi proviamo a dare il nostro contributo parlendo da una analisi dei Fondi di cui la Fit e
pafte istitutiva, quindi responsabile a pieno titolo.

Confronto dati
La maggior parte dei Fondi dei trasporti sta per compiere o ha già  compiuto i primi dieci
anni di attività . Un tale lasso di tempo è sufficiente per fare un’analisi e una valutazione di
come si siano sviluppati, maturati, cresciuti, e quali risultati stiano dando i principali fondi
chiusi di categoria. Ci scusiamo con i presenti che sono iscritti ai fondi preesistenti – quello
dell’aeropotlo di Pisa, dell’Atm di Milano, di Autovie Venete, dell’Autobrennero – che
avendo un ambito di riferimento ristretto non ci consentono di fare raffronti omogenei. Non
faremo alcun confronto neanche con il Fasc, che non e sicuramente una piccola realtà , ma
le sue peculiarità  non permettono, ugualmente, di fare comparazioni uniformi.
ll lavoro di analisi che abbiamo preparato e composto da 15 diapositive di cui le prime 5
dettagliano quali sono i Fondi istituiti con accordi sottoscritti dalla nostra Federazione
raggruppati per dipartimento contrattuale al quale si riferiscono.
Potrebbe sembrare un’operazione inutile, ma ci siamo resi conto, informandoci tra i
lavoratori, che molti di essi non conoscono nemmeno il nome del Fondo a cui possono
iscriversi.
Al dipartimento Logistica, Portualità , Ambiente, Viabilità  (slide 3) fanno riferimento Astri,
Previambiente, Previ.log. Al dipaftimento Mobilità  e Marittimi (slide n.4) fanno riferimento
Eurofer e Priamo. Al dipaftimento Traspofto Aereo Fondav, Fondosea, Prevaer, Previvolo,
(slide n.5).
Nella slide n. 6 sono indicati sia il numero di iscritti, a ciascun fondo, che il potenziale
bacino di iscrivibili, oltre ad evidenziare l’attuale tasso di iscrizione.
Balza subito agli occhi che il maggiortasso di adesione lo si riscontra tra ipiloti e il minore
nei lavoratori dei porti e della logistica, e che in quel segmento specifico c’è il maggior
bacino di lavoratori non iscritti. Dovremmo analizzare le motivazioni di tale bassa adesione
che potrebbe sembrare una contraddizione, dal momento che ci si aspetterebbe, da chi
percepisce un reddito più basso, una condotta piu previdente anche per affrontare il futuro.
Al contrario i dati confermano la teoria secondo la quale chi e piu abbiente, chi ha
maggiore accesso alle informazioni e puo valutare meglio come gestire il proprio
patrimonio, organizza meglio anche il proprio futuro. A tal proposito, giova ricordare che le
prime categorie a dotarsi della previdenza complementare sono stati bancari, assicurativi
e idirigenti di azienda; nei trasporti igestori dell’autobrennero.
Analizzando le cifre delle adesioni constatiamo quanto sia limitata la dimensione dei fondi
dei Trasporti. ll totale di tutti i nove fondi e di poco superiore a Fonchim (fondo
previdenza dei chimici) e non raggiunge la metà  di Cometa (metalmeccanici). Abbiamo
preso come riferimento i due fondi chiusi più grandi per analizzare anche I’Attivo Netto
destinato alle prestazioni – la valorizzazione della posizione pensionistica dell’iscritto, da
cui si calcola l’erogazione della futura pensione -: i dati parlano da soli, l’ANDP dei fondi
dei trasporti non raggiunge la metà  del solo Cometa.
Nella slide n. 7 è ripoftato I’andamento delle iscrizioni a ciascun Fondo. Sostanzialmente,
sono dati in linea con quanto accade in tutti gli altri settori: al boom di iscrizioni del2007-
2008 – anno in cui entro in vigore la riforma Damiano e il sindacato si impegnò in una
corposa campagna informativa nei confronti dei lavoratori – e seguito un leggero calo dal
2009. Le ragioni sono imputabili a diversi fattori che vanno dagli esodi di personale, dovuti
alle crisi aziendali – il settore dei trasporti è stato colpito in maniera pesante -, al
sostanziale, anche se non completo, blocco del turn-over che non consente un’adeguata
sostituzione delle uscite.
lnoltre i pochi giovani che entrano nelle imprese, sono ancora piu restii degli anziani ad
iscriversi. E’ molto radicata l’idea della presunta maggiore sicurezza che offre il Tfr
lasciato in azienda, a cui si collega una diffusa diffidenza complessiva verso lo strumento
della previdenza complementare.
L’ulteriore modifica dei requisiti, che ha posticipato il raggiungimento della pensione, e i
salari più bassi, sono inoltre delle condizioni oggettive che fanno da deterrente alle nuove
adesioni.
Nella slide n.8 abbiamo confrontato la distribuzione, per fasce di età , degli iscritti ai nostri
Fondi rispetto a tutti gli aderenti alla previdenza complementare, constatando un fofte
invecchiamento dei nostri iscritti rispetto all’universo dei lavoratori dipendenti. Ci sono ben
13,8 punti percentuali in piu. Così come ci sono ben 4,05 punti percentuali in meno se il
confronto lo facciamo nelle classi di età  al di sotto dei 35 anni.
Nella slide n.9 vediamo come sono ripartiti, percentualmente, per sesso e fasce di età , i
nostri aderenti. lnnanzitutto si conferma quanto sia elevata l’età  media, a cui si somma la
ridotta percentuale di donne iscritte rispetto al tasso di occupazione femminile medio del
compafto che è di circa n 20% la forza lavoro. L’analisi demografica degli iscritti conferma
una volta di più il trend di penalizzazione di giovani e donne anche in questo segmento di
protezione sociale.
Proseguendo il confronto tra i Fondi abbiamo voluto prendere in considerazione i costi.
Nella slide n. 10 c’è il confronto tra quelli relativi ai rispettivi valori di quota assoclativa
annua, e quelli dei relativi ISC (indicatore sintetico dei costi). Per i non addetti ai lavori,
l’indicatore sintetico dei costi, calcolato secondo una metodologia analoga per tutte le
forme di previdenza complementare, consente di avere, in modo semplice e immediato,
un’idea di quanto i costi complessivi praticati dalla forma pensionistica complementare
incidano percentualmente ogni anno sulla posizione individuale. Tale indice è utilissimo
quando si devono confrontare proposte alternative al Fondo chiuso di categoria come i
Fondi aperti, i Pip o altri prodotti finanziari di natura assicurativa.
Da sottolineare che anche una minima variazione di questo indice compofta delle grosse
differenze nel montante che ci si ritrova a fine carrieta, incidendo pesantemente sulla
futura rendita. L’elemento che emerge con chiarezza è la correlazione inversa tra il
numero di iscritti e l’lsc. Ovvero piu piccolo e il Fondo piu questo valore tende a salire e a
ripercuotersi negativamente sulla posizione del lavoratore. I dati evidenziano come il
migliore dei nostri fondi (solo a 35 anni) ha un valore di lsc superiore di quelli di Cometa e
Fonchim, i primi due fondi chiusi per capitalizzazione.
Abbiamo intenzionalmente iniziato dai costi sostenuti perché sono quelli che fanno la vera
differenza oltre a richiamare il senso di responsabilità  delle Fonti lstitutive nei confronti
della necessità  della fusione dei fondi stessi.
Ma di questo parleremo più approfonditamente in seguito.
ll capitolo dei costi è un concetto difficile da far capire a chi vuole aderire alla previdenza
complementare. La maggiotanza dei lavoratori e immancabilmente attratta dai valori dei
rendimenti offerti dalla gestione finanziaria dei vari comparti del Fondi. Questo è un
aspetto psicologico che i promotori finanziari conoscono e sfruttano molto bene per
raggiungere i loro obiettivi. Una dimostrazione lampante di questo atteggiamento
l’abbiamo avuta durante la crisi del 2008-09. Nel momento di maggior ribasso del valore
della quota, moltissimi aderenti, colti dal panico, hanno optato per il cambio di compafto
trasferendo tutta la posizione verso il garantito, nella convinzione di salvaguardare il
capitale. Purtroppo, per loro, immediatamente dopo si e assistito alla ripresa dei valori
delle quote in modo differenziato, per cui chi non aveva fatto variazioni l’anno successivo
ha recuperato tutte le, presunte, perdite al contrario di coloro che avevano spostato il
capitale su una linea piu prudente.
Nella slide n. 11 raffrontiamo la serie storica dei rendimenti e vediamo come i fondi
abbiano resistito bene alle forti perdite dei mercati. Alla fine del 2008, primi mesi del 2009,
il mercato azionario fece registrare un calo di oltre il 50o/o, mentre le performance peggiore
registrata e stata quella di Previvolo con il “solo” 27,89o/o nel comparto piu sbilanciato nella
componente azionaria. Sul versante delle linee di investimento piu conservative e
prudenti, con un maggior peso obbligazionario, slide n.12, la peggiore performance l’ha
avuta Fondav con un meno 14,21%. Comunque tutte le perdite sono state recuperate
nell’anno successivo e nel 2010|a situazione e tornata in positivo per tutti.
Giova ricordare alla platea che, anche durante la crisi del 2008, nessun aderente ha perso
un centesimo di quanto ha versato perché, come dovrebbe essere ampiamente noto, il
contributo aziendale, frutto della contrattazione collettiva, è sufficiente a compensare
ampie oscillazioni negative del valore delle quote.
ll raffronto fatto riguarda solo due delle numerose linee di investimento di cui sono dotati i
Fondi. Una riflessione a parle meriterebbero le scelte di alcuni fondi di dotarsi di un
elevato numero di linee di investimento che rimangono sottocapitalizzate e di scarso
appeal per la maggioranza degli aderenti i quali difficilmente riescono a coglierne le sottili
differenze e a trarne reali vantaggi. Recenti studi hanno dimostrato come il porlafoglio
suddiviso in 85% in obbligazioni e n 15% in azioni sia quello che ha garantito le migliori
peformance sia nel verso della tenuta, in presenza di crisi dei mercati, sia nella fase del
successivo recupero.
Senza entrare nell’autonomia dei Consigli di Amministrazione, il sindacato potrebbe
facilitare gli scambi informativi anche sul versante delle scelte delle asset allocation,
organizzando riunioni periodiche dei propri componenti, nelle quali si scambino le
esperienze e le valutazioni sulle gestioni.
Tenuto conto che l’attuale platea degli iscritti ha caratteristiche demografiche simili,
esigenze analoghe, e che nei prossimi 10-15 anni tutti dovranno fare iconti con le
inevitabili massicce uscite, per il raggiungimento dei requisiti pensionistici, lo scambio di
informazioni e di esperienze puo aiutare a realizzare le best practices, a vantaggio di tutti.
Un esempio, tra tanti, e il sistema premianle ulilizzalo, da Eurofer, per il conferimento dei
versamenti mensili dei lavoratori ai gestori finanziari. Tale sistema mette in concorrenza i
gestori premiando quelli che, volta per volta, realizzano le migliori performances, evitando i
blocchi dei flussi, con I’idea di poter cogliere anche i recuperi di coloro che
momentaneamente vanno meno bene.
Lo scambio di informazioni sulle scelte tattiche dei gestori risulterebbe molto utile in periodi
di crisi come quello che stiamo vivendo. L’attuale crisi puo rivelarsi piu perniciosa della
precedente in quanto colpisce i debiti sovrani dell’area Euro, e soprattutto il nostro Paese.
Nei portafogli dei fondi pensione ci sono elevate quote di titoli di Stato italiani, soprattutto
nei comparti garantiti, che subiscono l’effetto dell’aumento dello spread nei confronti di
titoli di debito di Nazioni considerate piu affidabili.
Non e questa la sede per discutere su questo tema ma serva a tutti per comprendere che
siamo sulla stessa barca: se affonda il Paese affondiamo tutti!
I Fondi ci offrono un indice della crisi economica attraverso il numero e il tipo di richieste
di anticipazione avute durante n 2U0. ll segnale più indicativo lo offre la colonna delle
anticipazioni che sono consentite dopo 8 anni di lscrizione e che permettono di riscattare
il 30% della posizione, senza alcuna giustificazione della richiesta da pafte dell’aderente.
Nella slide n. 13 si nota l’esplosione di questa tipologia di richieste. E’un chiaro indizio di
come molti lavoratori utilizzino questa oppofiunità  per “tirare avanti”, sintomo evidente di
una scarsità  di risorse per far fronte alla quotidianità .
lnoltre ascoltando i lavoratori si percepisce una sfiducia nel sistema della previdenza
complementare. Non si è assolutamente sedimentato, tra gli aderenti, il concetto che il
risparmio versato ai Fondi chiusi serva per farsi una rendita aggiuntiva a fine carriera, da
sommare a quella sempre piu scarsa che sarà  offerta dalla previdenza obbligatoria.
Prevale il concetto del bancomat, pochi maledetti e subito,
La sommatoria di tali comportamenti sta mettendo in crisi il sistema anche sul versante
accumulo di capitali. Le masse monetarie non conferite ai gestori finanziari iniziano ad
avere valori ragguardevoli.
Nella slide n. 14 abbiamo messo a confronto l’elemento principe, il punto qualificante dei
Fondi chiusi, l’indice della sensibilità  verso questa materia oltre che la misura del potere
contrattuale: il contributo paritetico frutto della contrattazione collettiva, quello che il
lavoratore e l’azienda versano ai rispettivi Fondi. La disomogeneità  nella quantità , frutto di
uno storico differenziale del potere contrattuale nelle diverse aree, dovrebbe essere
ridotta. E’ invece preoccupante cio che si sta verificando sul versante delle aziende che,
sempre più numerose, non versano sia il contributo del lavoratore sia il Tfr.
A nostro avviso, sarebbe auspicabile un aumento del contributo paritetico come prova
tangibile che tutte le Pafti credono nella sicurezza sociale offerta dalla previdenza per il
futuro delle giovani generazioni.
La Responsabilità  non va solo annunciata, va concretizzata.

Dall’analisi alla sintesi
L’analisi dei dati e quella di prospettiva ci confermano quello che la FIT CISL da tempo
afferma. la frammentazione dei fondi dei trasporti non è piu sostenibile. I dati parlano da
soli. Siamo in presenza di molti fondi medio-piccoli la cui capilalizzazione complessiva,
seppur realizzala non raggiungerebbe quella di Fonchim e saremmo sempre lontani da
Cometa.
Nei prossimi dieci anni tutti i Fondi dovranno affrontare I’andamento demografico che
pofterà  inevitabilmente a un sensibile calo degli aderenti, con altrettanta diminuzione dei
capitali da gestire. Non solo per i riscatti ma soprattutto per le rendite che, come è noto,
non sono attualmente gestite direttamente dai Fondi, ma da compagnie assicuratrici a cui
verrà  affidato il montante maturato dall’aderente.
Alla diminuzione dei capitali da gestire si dovrà  sommare l’effetto perverso dell’aumento
dei costi, che come abbiamo visto è inversamente proporzionale al numero degli iscritti
ll senso di responsabilità  del sindacato e delle altre parli istitutive deve prevalere sugli
interessi di pafte.
Servirebbe stilare, immediatamente, una road map per l’unificazione dei Fondi. Pianificare
una strategia mirata all’abbattimento delle spese, a cominciare da quelle per gli organi, il
personale, le sedi. Gli attuali consigli di amministrazione, ancorché va detto che non tutti
percepiscono gettoni di presenza o indennità , potrebbero essere ridottl ad un unico CdA.
Così come per i Direttori responsabili, I’unica figura retribuita in tutti i fondi. Tutto il
personale potrebbe essere riulilizzalo per lo sviluppo e la promozione della previdenza
complementare. I costi degli affitti delle sedi si ridurrebbero sensibilmente.
Attualmente quasi tutti i fondi dei trasporti hanno lo stesso gestore del service
amministrativo, con costi differenziati in funzione del numero degli iscritti. Un unico service
per un unico fondo porterebbe alla sicura riduzione di tali costi. Sempre sul versante dei
costi, la messa a fattor comune dei capitali realizzerebbe una diminuzione delle
commissioni pagate ai gestori finanziari e alle banche depositarie.
ln un universo piu ampio si potrebbero fare delle scelte di gestione più afticolate ed attive
cercando di cogliere tutte le opportunità  che l’attuale legislazione in materia consente.
Perseverare nello status quo vorrebbe dire far aumentare i costi e rendere assolutamente
antieconomico il sistema della previdenza complementare. Ma se volessimo essere
diabolici, e perseverare, dovremmo affrontare immediatamente la sfida dell’incremento del
numero di aderenti. Questa sfida non e alternativa alla precedente, deve essere condotta
in parallelo.
I freddi numeri indicano dei bassi tassi di adesione. ln grande parle dipendono dallo
scarso impegno che le parti istitutive hanno messo per far decollare il sistema. Nel 2007 le
campagne informative, le assemblee tra i lavoratori, il passa parola è stato determinante
per innalzare il numero degli iscritti. Ma passata la festa, gabbato lo santo. Da allora solo
gii addetti ai lavori (e forse non tutti) hanno cercato di penetrare la diffidenza dei lavoratori
e la resistenza delle aziende a incentivare le adesioni.
Qualche Fondo si è dotato di una rete di referenti territoriali che cercano di supplire alle
carenze informative organizzando Incontri, momenti di promozione. Dalle loro esperienze
di contatto con i lavoratori, e anche con quelli più giovani, ci giungono preziose indicazioni.
Se opportunamente spiegati i vantaggi della previdenza complementare sono
immediatamente recepiti e condivisi. Purtroppo questo tipo di iniziative sono sempre
limitate e non sono sufficienti. Per una efficace promozione serve trasmettere competenza
e fiducia, Le approssimazioni, quando si parla di soldi, dei propri soldi, non danno alcun
risultato. La chiarezza espositiva e di linguaggio sono fondamentali per abbattere la
diffidenza dei giovani lavoratori e delle lavoratrici, già  in difficoltà  per l’iniquo mondo
lavorativo e sociale che abbiamo loro destinato.
Anche le aziende devono fare la loro parte, troppe volte assistiamo alla omissione delle
informazioni che devono essere fornite ai neo assunti nel momento in cui entrano nel
mondo del lavoro o cambiano impiego. Ci riferiamo alla compilazione del modulo Tfr2.
Nelle intenzioni del legislatore doveva essere lo strumento, obbligatorio, con cui si porta a
conoscenza il lavoratore sulla destinazione del suo Tfr: lasciarlo in azienda o investirlo
nella previdenza complementare. La paura aziendale di vedersi aumentare il costo del
lavoro con il versamento del contributo paritetico, l’assenza di sanzioni sull’omissione della
presentazione del modello, sono elementi di disturbo e scoraggiano l’adesione
consapevole ad uno strumento di protezione sociale come la previdenza integrativa.
Lo scetticismo intrinseco dei lavoratori verso il secondo pilastro completa l’opera di
allontanamento. Non ci stancheremo mai di affermare che iscriversi ad un Fondo chiuso e
una necessità  oltre che una convenienza. Lo spiega bene la diapositiva n.1 5 che mostra i
vantaggi fiscali della scelta, argomento che approfondiremo all’interno di questo
convegno.
La sintesi della slide potrebbe essere riassunta con una semplice frase: se ti iscrivi alla
previdenza complementare prendi piu soldi (rispetto a chi non e iscritto), paghi meno tasse
e ti garantisci un futuro migliorel
Spetta a tutti noi, qui presenti, invertire il trend: dobbiamo credere possibile sia aumentare
le adesioni che arrivare alla fusione dei fondi dei trasporti.
Le proposte
Dall’analisi su come si e sviluppato il sistema della previdenza complementare in questo
settore sono emerse molte criticità  che, oltre a dover essere affrontante e corrette, ci
stimolano ad avanzare delle proposte sia di taglio generale che piu specifico di settore.
Uno dei “pallini” della Cisl è lo sviluppo della bilateralità , quale assetto piu idoneo per dare
risposte rapide e concrete, che in questo ambito potrebbe essere sviluppata meglio
rendendo obbligatoria l’adesione alla previdenza complementare, ampliando alcune
competenze dei Fondi Pensione.
A nostro avviso, occorrono norme che equiparino la previdenza complementare a quella
obbligatoria, in materia di riscossione dei contributi, rendendo piu cogente anche il sistema
sanzionatorio per gli inadempienti. L’iter di un tale percorso potrebbe essere lungo e non
trovare ancora il giusto consenso tra tutte le parti coinvolte.
Nel frattempo con una semplice modifica al comma 4 dell’arlicolo 11 del Dlgs n.252105,
(che potrebbe anche essere fatta con atti interpretativi della norma stessa) si potrebbe
consentire ai lavoratori di accedere alle prestazioni con un anticipo massimo di 5 anni,
rispetto ai requisiti per l’accesso alle prestazioni del regime pensionistico obbligatorio di
appaftenenza, non solo quando il periodo di inoccupazione risulta superiore ai 48 mesi ma
anche se i lavoratori sono oggetto di procedure di Cigs, mobilità  o collocati nei fondi per le
prestazioni di sostegno al reddito previsti dalle leggi, senza distinzione di durata.
Con il continuo innalzamento dei requisiti per andare in pensione, e considerato che solo
una minima pafte dei lavoratori (specie quelli dei trasporti) potrà  usufruire dei benefici per
chi ha svolto lavori usuranti, I’eliminazione del vincolo minimo dei 48 mesi di
inoccupazione potrebbe essere utile a gestire situazioni di crisi aziendali che determinano
esuberi di personale. ln caso di gestione degli esuberi si potrebbe prevedere, attraverso
degli accordi, un’integrazione salariale a quanto già  erogato attraverso la Cigs, la Mobilità 
o agli assegni per prestazioni straordinarie erogate dagli appositi Fondi (Alitalia, Ferrovie,
ecc.), uttlizzando il sistema della “rendita certa per 5 o piu anni”, con una tassazione
agevolata al l5%.
Al lavoratore, oggetto del provvedimento di sostegno al reddito, potrà  essere lasciata
inalterata la facoltà  di riscattare parzialmente il montante maturato, cosi come previsto dal
3″ comma dell’articolo 11 del Dlgs n. 252105 vincolando, pero tassativamente, il rimanente
50% all’ipotesi sopra prospettata, la cui tassazione dovrà  essere sempre del 15%. Si
coniugherebbero meglio le esigenze indlviduali contingenti a quelle collettive di piu lunga
durata, consentendo una migliore aggregazione del tessuto sociale oltre a un rilancio del
ruolo attivo del sindacato, in partite delicate come l’usclta flessibile dal mondo del lavoro.
Non vogliamo porre l’accento solo sull’aspetto di assistenza e sostegno ai reddito ma
anche su un altro capitolo molto caro alla Cisl. la democrazia economica e la
parlecipazione dei lavoratori allo sviluppo del Paese.
Anche in questo caso i Fondi pensione possono svolgere un ruolo molto impoftante,
consentendo loro di gestire al meglio le risorse affidatigli e cercando di non scaricare sullo
Stato e sulla collettività  gli effetti del cattivo funzionamento dei mercati finanziari.
Per garantire al meglio le prestazioni pensionistiche, durante le congiunture finanziarie
sfavorevoli, serve uno scatto che possa, nel contempo, dare garanzia ai risparmi dei
lavoratori e aiutare gli investimenti nel nostro Paese. ll patrimonio gestito dai fondi
pensione italiani inizia ad avere un consistentevalore percentuale rispettoal Pil, mentre la
composizione dei patrimoni si caratterizza per avere un’altissima percentuale di titoli di
debito e pochi in capitale di rischio.
Purtroppo solo l’1,4o/o del patrimonio complessivo gestito dai fondi pensione negoziali e
investito in azioni di imprese italiane. Tutti cercano la sicurezza: ora va di moda il “Fly to
quality” ovvero comperare Bund tedeschi o francest.
ln un conteso di sfiducia e di asfissia finanziaria sarebbe auspicabile una rapida modifica
al D.M n.703/1996 – prevede limiti negli investimenti – che se per un verso ha
salvaguardato, fino ad ora, i risparmi dei lavoratori dall’altro non ha consentito di mettere
in circolo quei capitali necessari per poter far ripartire il Paese. Si potrebbe pensare a delle
modifiche che consentano di far rilanciare la costruzione e il rinnovo delle infrastrutture
necessarie al nostro Paese. Pensiamo alla partecipazione ad un apposito Fondo dedicato
allo sviluppo delle infrastrutture intese nel senso piu ampio: reti idriche, elettriche,
telefoniche, ferroviarie, stradali e autostradali, porti, che nel lungo periodo offra un
rendimento certo e superiore all’inflazione.
Si tratterebbe di investire in beni non delocalizzabili, al servizio dei cittadini e delle imprese
che vogliono rimanere in ltalia, il cui “cash flow” per il ritorno del capitale investito e
garantito dalle bollette, dai pedaggi. Potrebbe essere l’uovo di Colombo per ridare fiato
all’economia e garantire lavoro ai giovani e un rendimento ai futuri pensionati. Più
banalmente potremmo sintetizzare’. i soldi dei “vecchi” mettono in moto I’economia per
dare lavoro ai giovani. Potrebbe realizzarsi così un pezzo di vera democrazia economica,
dove lavoro e capitale non sono in contrasto ma viaggiano assieme per migliorare la
società .
La proposta va sicuramente approfondita, sviscerando tutte le possibili controindicazioni,
ma con la fantasia dimostrata dai maghi della finanzaela fame di risorse per smuovere
l’economia, sicuramente una soluzione soddisfacente la si puo trovare quanto prima.
Per arrivare lontano occorre fare il primo passo. L’assunzione di responsabilità  verso le
giovani generazioni. Per noi della Fit la prima azione responsabile da fare è la fusione di
tutti i Fondi in un unico soggetto che, come abbiamo visto nelle slides, sarebbe comunque
un fondo di medie dimensioni e capitalizzazione.
ll malinteso senso di appartenenza ad uno specifico “settore” o a una determinata
“professione” va superato in nome di una maggiore efficienza che deve andare a favore di
tutti i lavoratori dei trasporli, soprattutto dei piu giovani. Mettersi assieme non significa
perdere !a propria identita di area contrattuale.
Lo stesso vale per le altre parti istitutive, molte volte riluttanti a intraprendere un percorso
di confluenza.
Crediamo che sia giunto il momento di passare dalle parole ai fatti, allontanando da noi il
rischio di agire come la casta politica che non abbandona mai la “poltrona” anche quando
non prevede benefici economici ma solo un presunto status.
L’obiettivo e alto e, come ha dimostrato il tentativo dello scorsa estate di fusione dei fondi
del Trasporto aereo, non facile. Molteplici i fattori che si sono frapposti e si frapporranno
ad un percorso reso ineluttabile dalla costante riduzione degli addetti e dall’esplosione
delle este rnalizzazioni che hanno coinvolto aziende che non applicano i contratti dei
trasporli.
ln attesa che ci sia una concretizzazione della volontà  di tutte le parti in causa ad iniziare il
percorso di unificazione, potremmo mettere in atto dei compofiamenti tesi gia
nell’immediato a prepararne la strada. Pensiamo all’incremento dello scambio di
informazioni tra i fondi, favorendone le sinergie.
lnnanzi tutto si potrebbe mettere a fattore comune le esperienze e le forze delle reti di
referenti territoriali che alcuni Fondi, come Priamo e Eurofer, possiedono già . Sviluppare
iniziative formative comuni, concedere accessi dedicati nell’area riservata di tutti i fondi ai
referenti, indipendentemente dalla loro appaftenenza settoriale.
Creare un network di federazione che possa essere utile per aumentare il presidio dei
territori e delle aziende. Si potrebbe fare qualcosa in piu studiando la possibilità  di creare
delle figure simili ai promotorifinanziari dei fondi pensione aperti o dei Pip. La concortenza
piu spietata arriva proprio da quel segmento che utilizza dei professionisti – senza tanti
scrupoli – per “rubare” gli aderenti ai Fondi negoziali, con danni evidenti soprattutto per i
lavoratori che, per scarsa conoscenza dei vantaggi dei fondi chiusi, si lasciano ammaliare
degli operatori professionisti.
Ma si potrebbe fare ancora di piu. Le nuove disposizioni europee in tema di attività  e di
supervisione degli enti pensionistici andranno a modificare le consuetudini con cui sono
state prese le decisioni sulle politiche di investimento, al centro dello sviluppo e del
funzionamento di ogni forma pensionistica complementare. Lo “schema di disposizioni sul
processo di attuazione della politica di investimento” che la Covip ha recentemente
sottoposto alle osservazioni di tutti i soggetti, che a vario titolo operano nel settore della
previdenza complementare, ci dà  lo spunto per avanzare un’altra proposta. Lasciando che
sia il Commissario della Covip a relazionarci nel dettaglio sulle modifiche che si intendono
introdurre, ci limitiamo a evidenziare che i Consigli di Amministrazione dovranno dotarsi
di nuovi strumenti per effettuare in proprio il cosiddetto “risk management” oppure
ricorrere a professionisti esterni, con un ennesimo aumento dei costi a fronte di una
maggiore sicurezza di protezione del patrimonto.
Per alcuni piccoli Fondi potrebbe essere un ulteriore aggravio di costi non soppoftabile,
che li metterebbe ancora più in crisi e li costringerebbe a rivedere, al rialzo, le quote
associative. Da qui la proposta di consorziare tutti i Fondi dei Trasporti per acquisire dei
giovani laureati che adeguatamente formati, e dotati degli appropriati strumenti informatici,
possano diventare i consulenti “in house” per tutti. Questa soluzione consentirebbe una
maggiore omogeneità  nelle politiche di gestione, propedeutiche ad una unificazione dei
diversi comparti, all’interno di un unico Fondo. Sarebbe inoltre un tangibile segno di
attenzione verso l’occupazione dei giovani.
Prima di concludere, ci preme sottolineare la necessità  che tutti i Fondi dei Trasporli
adottino la possibilità  di far aderire, alla previdenza complementare, i cosiddetti
“fiscalmente a carico”. Genitori previdenti potrebbero così iscrivere fin dalla giovane età  i
propri figli assicurandogli una piu congrua copeftura previdenziale, con piccoli esborsi da
effettuarsi in un ampio lasso di tempo.

Conclusioni
Avviciniamoci di piu ai nostri giovani! Ripartiamo da loro, incrementiamo il contatto e le
campagne informative che dovranno essere condotte nel modo più professionale
possibile.
La fiducia si dà  alle cose serie. Serietà  si coniuga con responsabilità , impegno, correltezza’.
esattamente quello che vogliamo trasmettere alle nuove generazioni impegnate a trovare
una giusta collocazione in una società  adicolata, in difficoltà , spesso ostile e poco incline a
raccogliere le loro istanze.
Responsabilità  e sicurezza sociale. Vi abbiamo invitato a condividere con noi questa
necessità  dei giovani del nostro Paese. La Fit, nell’ambito delle sue prerogative, si
prodigherà  per mettere in campo altre iniziative per lo sviluppo della previdenza
complementare, senza la quale, crediamo, non potrà  essere assicurato alle future
generazioni un livello di vita dignitoso.
Yelocizzare il processo di fusione dei fondi di settore è un doveroso e concreto passo da
compiere. Non farlo signiflcherebbe venire meno al senso di responsabilità  che tutti noi
abbiamo voluto dimostrare paftecipando a questa giornata. Di cio vi ringraziamo ancora.

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