11 Luglio 2011
La norma è già in vigore e sta creando un certo disorientamento di alcuni Tribunali che non sanno ancora bene come gestire le nuove disposizioni.
Sostanzialmente chi adisce le vie legali per una controversia che riguarda la previdenza e l’assistenza obbligatorie e/o per le cause individuali di lavoro, fin da ora, dovrà pagare un importo, che per i primi due gradi di giudizio è di 37 euro che viene ridotto della metà per i procedimenti speciali e cautelari (compresi i ricorsi per decreto ingiuntivo).
Restano esenti i ricorrenti con reddito al di sotto del doppio del livello che dà diritto al patrocinio a spese dello Stato, attualmente pari a 10.628,16 euro (quindi la soglia per l’esenzione è di 21.256,32 euro).
Nel caso di ricorso in Cassazione il contributo unificato aumenta al crescere dell’importo del valore della causa: euro 37 per i processi di valore inferiore a euro 1.100, euro 85 per i processi fino 5.165; euro 206 per i processi di valore da euro 5.165 a euro 25.823; euro 450 per i processi da euro 25.823 a euro 51.646; euro 660 per i processi di valore da euro 51.646 a euro 258.228; euro 1056 per i processi di valore da euro 258.228 a euro 516.457; euro 1466 per i processi di valore superiore ad euro 516.457.
Il decreto che anticipa la manovra finanziaria prevede una imposta di accesso al processo civile e amministrativo anche per le cause previdenziali e di lavoro, comprese quelle per il pubblico impiego, che fino ad oggi erano esenti.
E’ inoltre previsto che “ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio numero di fax ai sensi degli articoli 125, primo comma, del codice di procedura civile e art. 16, comma 1-bis, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale nell’atto introduttivo del giudizio o, per il processo tributario, nel ricorso, il contributo unificato è aumentato della metà .”
La FIT-CISL è contraria a questa reintroduzione e si impegnerà a tentare di ristabilire il principio di gratuità delle spese di giustizia del lavoro, presente nel nostro ordinamento fin dagli anni cinquanta, nella speranza di ottenerne l’eliminazione, così come accaduto nel caso del cosiddetto “Collegato Lavoro”, legge n.183/2010.