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Orgoglio e attrattività  della ferrovia: uno studio europeo

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Documenti - Orgoglio e attrattività  della ferrovia: uno studio europeo

8 Settembre 2015

In questo periodo, in cui tutti sbirciamo cosa fanno le altre nazioni d’Europa (i nostri vicini di casa per così dire, perché è risaputo: il prato del vicino è sempre più verde), una cosa accumuna tutti i paesi per quanto riguarda il tema ferrovie: diminuiscono la qualità  del lavoro e il personale attivo, ma in cambio aumentano le ore lavorate pro-dipendente e, soprattutto, il monte ore complessivo di straordinario.

Ecco perché è nato questo workshop, articolato in più moduli, sulla promozione dell’occupazione e della qualità  del lavoro nel settore ferroviario europeo (Promoting Employment and Quality of Work in the European Railway). Il progetto è portato avanti in collaborazione tra l’Etf (la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti, a cui la Fit aderisce), il Cer (l’associazione europea di parte datoriale nel settore ferroviario) e l’Eva (l’accademia europea per il trasporto sostenibile). Il primo modulo si è svolto a Madrid, i primi giorni di luglio.

I partecipanti erano una quarantina di persone, provenienti dalle più svariate organizzazione sindacali rappresentative del settore ferroviario dei vari paesi, e interessanti erano anche i temi affrontati: immagine e attrattività  percepite dalla popolazione nei confronti delle ferrovie; le prospettive occupazionali da un punto di vista sindacale e delle associazioni datoriali; una panoramica sulle condizioni di lavoro esistenti.

Era presente a questi giorni di formazione/informazione anche il Presidente del dialogo sociale a livello europeo. Cinque le sue priorità : rafforzare il dialogo sociale in Europa; rafforzare il settore ferroviario e indirizzare i politici europei alle reali necessità  del settore; aumentare l’attrattività  del settore; promuovere comunicazione e buone pratiche tra i vari paesi.

Una domanda che a questo punto sorge spontanea è: come mai in un workshop promosso dal sindacato vi è la presenza della parte datoriale? La risposta che posso fornire è la seguente: persino “loro”, gli employers (o, più semplicemente, i capi) si sono accorti che qualcosa non va. Le ferrovie risultano sempre meno allettanti per i giovani e la fuga dei dipendenti, a tutti i livelli, è diventata insostenibile (se ne vanno verso salari migliori, condizioni di lavoro migliori o anche solo perché altre società  sfruttano in maniera migliore il loro potenziale o semplicemente per una mancanza di orgoglio del lavoratore nell’appartenere all’azienda). Non si può dimenticare che anche l’innalzamento dell’età  pensionabile un po’ ovunque, e quindi una mancanza di turnover, ha generato qualche difficoltà  all’interno delle aziende. Una soluzione va quindi trovata possibilmente in modo congiunto. Il motto: “l’unione fa la forza” è, a quanto pare, di attualità . Questo workshop, che quindi diventa paragonabile a un processo di problem-solving di gruppo, nasce per fornire i giusti input che portino a una soluzione ottimale per tutti gli attori coinvolti: i sindacati, le parti datoriali e, naturalmente, i lavoratori.
La prima giornata era perlopiù incentrata sull’analisi dei risultati di uno studio condotto sull’argomento: sono stati passati alla lente di ingrandimento 12 paesi europei in tema di promozione occupazionale e qualità  del lavoro, prendendo quindi in considerazione salario, opportunità  di crescita intra-aziendale, politiche aziendali nei confronti dei lavoratori e svariati altri fattori. Facendo un’estrema sintesi delle slide presentate, in tutti i paesi vi è una perdita di occupazione e le proiezioni riguardanti l’incremento previsto per il 2025 sono pessimistiche: sarà  minimo se non addirittura inesistente. D’altronde è emerso, attraverso sondaggi, che la media di utenza soddisfatta del servizio ferroviario (e ricordo che la media si riferisce all’Ue) è di circa 46%. Se quindi la popolazione in generale, e in automatico anche i media, è insoddisfatta di un servizio e ne parla male (diciamocelo’¦ è raro vedere un titolo quale “In Italia standard di puntualità  elevati: oltre l’80% dei treni arriva puntuale!”, è molto più facile leggere “IC Milano-Roma si ferma 60 minuti in galleria buia: fumatore di prima classe ricoverato per crisi di astinenza”), questo naturalmente va a influire molto sull’immagine percepita da chi non è del settore e che quindi preferisce, quando va alla ricerca di un posto di lavoro, guardare “altrove”. D’altronde molti giovani, quando pensano al futuro, concentrano la loro attenzione anche sul salario, sui benefit esistenti e sulla stabilità  occupazionale e non tralasciano nemmeno la flessibilità  offerta per coniugare i tempi tra lavoro e famiglia. I dati parlano chiaro: il salario dei ferrovieri in molti paesi è inferiore ad altri lavori anche considerati “meno pregiati”; i benefit stanno lentamente scomparendo; la stabilità  occupazionale sta diventando dominio di pochi.
Da un quadro non troppo ottimistico come quello appena descritto si delinea chiaramente la necessità  di intervenire su più fronti, in maniera sinergica, per recuperare ciò che col tempo è andato perso: bisogna instillare nei giovani la voglia di dire “sì, voglio essere ferroviere” e soprattutto, a posteriori, di dire “sono orgoglioso di essere ferroviere in questa azienda”. Apparentemente non è una cosa di immediata soluzione. Ma d’altronde, mi dico, per sapere cosa vuole un giovane e per adattarsi al cambiamento dei tempi, bisognerà  pur anche chiederlo ai giovani stessi cosa pensano e cosa vorrebbero (ovviamente, con le dovute precauzioni). È naturale che se al ristorante non mi viene chiesto cosa vorrei per cena, difficilmente lo chef saprà  preparami un piatto che mi soddisfi o che almeno si avvicini a ciò che preferirei.
Ecco quindi che i restanti giorni si sono molto concentrati sull’analisi più approfondita di buoni modelli (e altri meno buoni) messi in atto in diversi paesi da parte di aziende e sindacati sia del settore ferroviario che di altri settori, per aumentare la propria attrattività  ed evitare la fuga dei dipendenti insoddisfatti. Giusto per citare alcuni esempi, in Polonia e Germania esistono corsi di formazione specifici all’interno degli istituti professionali, in cooperazione con le aziende, per futuri ferrovieri e in Francia si spende molto in marketing e nelle varie forme di comunicazione innovativa per invogliare le assunzioni.

Chiaramente a valle di questa prima sessione (la prossima sarà  a fine settembre a Varsavia) e attraverso lo studio svolto, non si può ancora parlare di “soluzioni definitive”. Molte sono le domande che rimangono ancora senza risposta. L’impatto della liberalizzazione e della privatizzazione influisce sull’attrattività  percepita? Si può includere il lavoratore nei processi decisionali su cosa e su come migliorare? Come si può cambiare la visione stereotipica negativa della società  nei confronti delle ferrovie?
Ma, in fondo, un primo passo in montagna significa che la vetta è più vicina.

Christian Tschigg

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