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Cambio appalto: come cambia la legge Biagi

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Documenti - Cambio appalto: come cambia la legge Biagi

13 Luglio 2016

Con la pubblicazione in gazzetta ufficiale dell’8 luglio 2016, è entrata in vigore la modifica dell’articolo
29 del Dlgs n. 276/2003 che definisce il contratto di appalto distinguendolo dalla somministrazione.
Il provvedimento è stato reso necessario da una procedura EU Pilot, che, ricordiamo, è un
meccanismo di risoluzione dei problemi di implementazione del diritto dell’Unione europea e di
scambio di informazioni tra la Commissione e gli Stati membri concepito per la fase antecedente
all’apertura formale della procedura di infrazione, attivata sulla base di una non corretta applicazione
di una direttiva europea relativa al passaggio di personale in un’azienda di trasporto.
A seguito di sollecitazioni europee per adeguare la norma italiana al diritto comunitario, nella fase
dibattimentale in Parlamento, si era ventilata, addirittura, l’eliminazione completa del comma 3
dell’art. 29 del Dlgs n.276/03, equiparando, così di fatto, il cambio d’appalto alla cessione d’azienda o
di ramo d’azienda.
Come noto, il comma 3 dell’art. 29 Dlgs. n. 276/2003 disciplina la successione di una impresa ad
un’altra nella gestione di un servizio concesso in appalto, stabilendo che non costituisce un
trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda, in quanto non si verifica il passaggio di un complesso di
beni organizzati tra il vecchio e il nuovo appaltatore.
Sulla stessa linea si era consolidata anche la giurisprudenza secondo cui neppure la Direttiva
n.77/187/CEE, risultava idonea a comprendervi la successione nell’appalto.
Le conseguenze, per il personale, dell’applicazione delle due normative sono ben note a tutti. Il
legislatore è stato sensibile all’azione di lobbing delle imprese per cui ha deciso di inserire, nel testo
del comma 3 dell’articolo 29 del Dlgs n.276/2003, due incisi che dovrebbero evitare che ad ogni
passaggio da un’impresa all’altra si possa invocare la disciplina dell’art. 2112 del codice civile
(Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda).
Il nuovo comma 3 è stato così modificato (in grassetto-sottolineato i nuovi inserimenti): “l’acquisizione
del personale già  impiegato nell’appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria
struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di
clausola del contratto d’appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità  che determinano
una specifica identità  di impresa, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda.”
I nuovi parametri, per discriminare se si tratta di un trasferimento del solo personale e non già  di un
trasferimento di mezzi, lasciano spazio ad interpretazioni in caso di ricorso in giudizio.
Infatti recenti sentenze, come ad esempio quella di Cassazione n. 7121/2016 del 12 aprile 2016,
hanno ordinato l’applicazione dell’articolo 2112 c.c. nei riguardi di un gruppo di lavoratori riassunti da
un nuovo appaltatore di servizi subentrato a un precedente operatore: una sentenza che potrebbe
fare “scuola” perché, al di là  degli elementi circostanziali, fissa il principio secondo cui è sufficiente
che vi sia il passaggio di forza-lavoro per configurare l’ipotesi di cessione d’azienda.
Roma, 13 luglio 2016
Il Dipartimento Politiche Sociali

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