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Il processo di automazione nei porti. Cosa ne pensano i giovani della FIT?

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Documenti - Il processo di automazione nei porti. Cosa ne pensano i giovani della FIT?

13 Marzo 2018

Una due-giorni intensa, quella sul processo di automatizzazione dei porti, raccontata dal punto di vista di un under 30, già  portuale, che vi ha partecipato: il coordinatore regionale giovani della FIT CISL Calabria, Mario Morganti. Un appuntamento per quadri, delegati e lavoratori per fare il punto sulle conseguenze dell’automazione nei porti sul lavoro, sulla digitalizzazione e sulle nuove necessarie strategie sindacali ed i modelli di rappresentanza.

Nei giorni 15 e 16 Febbraio, presso la sede romana della Cgil, le organizzazioni FIT-CISL, Etf e Filt-Cgil hanno organizzato unitamente un seminario per quadri, delegati e lavoratori sul tema “Automazione nei Porti”.

Erano presenti il segretario nazionale FIT-CISL Emiliano Fiorentino, il coordinatore nazionale della portualità  Ettore Torzetti, il coordinatore del trasporto marittimo Giovanni Olivieri e tantissimi delegati e lavoratori provenienti dai vari porti del mediterraneo, a dimostrazione che tale tema è al centro dell’attenzione di tutta quanta la federazione.

Il seminario ha visto l’apertura dei lavori da parte del coordinatore Torzetti, che ha dato il via a due giorni full immersion, dove esponenti di spicco del mondo sindacale europeo e internazionale, hanno avviato un confronto da parte di tutti su cos’è l’automazione, come cambia il lavoro nei porti, quali sono le nuove strategie sindacali e modelli di rappresentanza e infine sono state riportate le esperienze dei porti del nord Europa.

Sin da subito e in modo unanime è emersa la consapevolezza che stiamo assistendo ad un forte “mutamento” nel mondo del lavoro, dove la caratteristica principale è la celerità  che questi cambiamenti hanno.

È stato utilizzato in quei giorni volutamente il concetto di mutamento, in quanto a differenza del cambiamento che vede una modificazione progressiva delle cose, tale concetto rappresenta una trasformazione totale, il rendere una cosa diversa da quella che è, facendoci cosi assistere ad un cambiamento radicale nel mondo del lavoro.

E la storia ci insegna, che tali cambiamenti non li possiamo fermare o avere la presunzione di poterli controllare, occorre essere bravi, come organizzazione sindacale, come società , a correre di pari passo cercando nel frattempo di capire, studiare, analizzare e se è necessario tentare di modificare, o meglio direzionare, quella traiettoria in modo da poter portare benefici nel mercato del lavoro e soprattutto ai lavoratori, situati al centro di questo processo e influenzati da tutto ciò che li circonda.

Joost Van~der~Lecq, rappresentante sindacale per FNV Havens, nel pomeriggio della prima giornata ha illustrato il processo e gli effetti di automazione all’interno del porto di Rotterdam. Eccone una sintesi: Rotterdam è un porto sempre più automatizzato e che prevede nel passaggio al nuovo terminal un calo della forza lavoro di oltre il 20%, ovvero la perdita di 800 posti di lavoro su quasi 4.000 unità  lavorative.

Questo automatizzare il porto ha un effetto non solo sul lavoratore ma anche sul modo di lavorare: infatti in questi porti automatizzati è previsto un aumento della produttività  di quasi il 40% (40 movimentazioni all’ora per gru, anche se in questa fase di start-up attualmente sono in perdita).

Previsioni quest’ultime a lungo termine in quanto nel breve si stanno scontrando con enormi difficoltà . Tali processi difatti presentano svariati problemi come quelli legati ai costi fissi (si pensi a quando c’è un calo di volumi, il costo della macchina rimane invariato) e legati all’imprevedibilità  del lavoro stesso. Variabili queste, in un mondo così flessibile come quello portuale, importantissime. Tuttavia il concetto di base rimane lo stesso, ovvero: “più lavoro da meno persone, più lavoro fatto di continuo”.

Nella giornata successiva Thomas Mendrzik, presidente della sezione lavoratori portuali e marittimi del sindacato tedesco Ver.Di. e Marc~Loridan, segretario federale con competenza per tutti i porti belgi, hanno parlato rispettivamente della situazione di Amburgo e Anversa.

Giusto un dato che vale la pena menzionare: nel porto di Amburgo il management aziendale aveva previsto nel nuovo terminal, grazie all’automazione, l’utilizzo di circa 130 operai ma ad oggi sono circa 700 i lavoratori in forza.

Un porto però che punta molto sulla formazione e ritiene quest’ultima un’arma vincente nel processo di automazione del terminal, perché se è vero che da un lato tanti lavori scompaiono è pur vero che con l’automazione nascono nuovi lavori: lavori che i lavoratori portuali non possono fare perché tale processo richiede figure molto specializzate. Occorre dunque creare anche la formazione per questi nuovi lavori; ad esempio il nuovo gruista in questi terminal non lavora più sulla gru ma da remoto (davanti ad un pc seduto in ufficio) e per poter svolgere questa mansione necessità  di ore ed ore di formazione con dei simulatori, svolgendo infine un test finale (circa il 90% del personale ha avuto esito positivo).

Tutto questo è favorito da leggi che permettono ai lavoratori di essere partecipi nel processo decisionale aziendale.

È emerso dunque, come sia importante oggi per il sindacato conoscere in che modo siano automatizzati i terminal e che occorre tutelare tutti i lavoratori.

La conclusione del seminario ha visto l’intervento di Olaf Merk, amministratore per i settori Porti e Shipping presso l’International Transport Forum (ITF) dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), il quale ha illustrato l’evoluzione del settore portuale e marittimo negli ultimi decenni. Interessante è stata la considerazione sul fatto che negli ultimi anni si sono verificate tante fusioni/unioni tra le principali compagnie di navigazioni. Questo consolidamento ha portato ad una concentrazione del mercato nelle mani di pochi e si prevede che nei prossimi anni i 7 vettori principali terranno il 90% dei TEU.

Grandi vettori uguale grandi alleanza (le principali sono 2M, O3, CKYHE, G6), il tutto agevolato da una politica europea che ha visto l’erogazione, senza alcun vincolo, di aiuti di stato e che ha generato così una sorta di oligopolio che indebolisce sempre di più il peso contrattuale dei porti.

Ad oggi infatti è sempre maggiore la dipendenza di alcuni porti ad una singola alleanza, aumentando così il rischio di vulnerabilità  e dipendenza del porto al singolo vettore (vedi Gioia Tauro con la sola 2M e i recenti avvenimenti).

Si assiste pertanto non più alla “competenza” tra porti (che genera influenze positive) ma assistiamo alla “concorrenza” tra porti (che genera influenze negative).

Occorre dunque come sindacato e come giovani essere parte attiva di questo processo di mutamento, sostenendo idee come la “robot tax”, consapevoli che l’automazione deve essere una conquista sociale, che serva a migliorare la qualità  della vita delle persone e non deve divenire, come spesso capita nel mondo d’oggi, uno strumento di arricchimento per pochi a discapito di tanti, dove poi il conto lo paga sempre l’ultimo della fila’¦ l’operaio!

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