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Nota Unitaria su Audizione del settore del trasporto ferroviario in Commissione di Garanzia

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Documenti - Nota Unitaria su Audizione del settore del trasporto ferroviario in Commissione di Garanzia

19 Settembre 2024

Le scriventi Segreterie Nazionali, in riferimento all’audizione tenutasi in data 12 settembre su
richiesta della stessa Commissione di Garanzia dell’attuazione della legge sugli scioperi nei servizi
pubblici essenziali, ritengono utile esplicitare le posizioni sindacali circa i principali punti affrontati in
sede di audizione.
L’Autorità garante, nella persona del Commissario delegato per il trasporto ferroviario, ha
enunciato, in apertura della riunione, l’esigenza “innegabile” e “manifesta” di adeguare la disciplina di
settore del trasporto ferroviario, perché datata e perché, a loro dire, si riscontrano “forti disagi” per
l’utenza, con specifico riferimento a due aspetti della disciplina pattizia che oggi regola l’esercizio del
diritto di sciopero, in particolare: l’allargamento delle franchigie e l’incremento delle prestazioni
indispensabili tra cui l’inserimento delle fasce di garanzia nelle giornate festive.
Preso atto di tali affermazioni, considerato che in tutte le relazioni annuali della Commissione di
garanzia è stato sempre riconosciuto il corretto e ponderato utilizzo dell’esercizio del diritto di sciopero
da parte delle scriventi Organizzazioni sindacali, è stato chiesto, così come previsto dalla Legge 146/90,
all’Autorità di chiarire quale documentata e oggettiva, indagine abbia portato l’Autorità a tale precisa
valutazione. La Commissione ha risposto di avere richiesto informazione direttamente alle Aziende del
settore circa l’andamento dei flussi di passeggeri ammettendo, nella sostanza, che non esistono
concrete segnalazioni da parte degli utenti e/o loro associazioni, ma un potenziale “disagio economico”
per le imprese.
Pare utile evidenziare che il Gruppo FSI con il quale le scriventi possono affermare di avere
relazioni sindacali partecipative e costanti, e che risulta firmatario dell’ accordo del 23 novembre 1999
come modificato e integrato dagli accordi del 18 aprile 2001 e 29 ottobre 2001 (tutti valutati idonei e
pubblicati in Gazzetta Ufficiale) che ad oggi normano l’esercizio del diritto di sciopero, non ha mai
manifestato l’intenzione, la volontà o la necessità di aprire un tavolo negoziale sul tema né ha mai
sollecitato una qualche modifica degli accordi stessi né ha mai comunicato elementi probanti
un’effettiva compressione del diritto alla mobilità.
Appare quindi evidente che siamo di fronte ad un giudizio esclusivamente discrezionale della
Autorità di garanzia, i cui effetti rischiano di creare una ulteriore compressione del diritto di sciopero nel
settore ferroviario già fortemente sottoposto a restrizioni di non poco conto.
Unitariamente il sindacato ha ribadito, qualora ce ne fosse stato bisogno, che, stante la natura della legge 146 del 1990 fortemente orientata alla contrattazione, l’attuale regolamentazione ha natura pattizia, rigettando l’idea di un intervento unilaterale della Commissione tra l’altro non suffragato da elementi oggettivi. Peraltro, diversamente da quanto comunicato dalla Commissione, i dati riportati dall’Istat indicano una sostanziale riduzione dei passeggeri trasportati nel settore ferroviario. Ricordiamo che tale impostazione appare ricalcare quanto già accaduto nel comparto del Trasporto Pubblico Locale nel quale la Commissione è intervenuta in maniera autonoma ed arbitraria sull’accordo raggiunto tra le parti vigente nel settore, rispetto alla quale già il Consiglio di Stato si è espresso disponendo l’annullamento della disposizione della Autorità.
Inoltre, si è sottolineato che, nel ruolo svolto dalla Commissione di Garanzia, la stessa non può più non tenere conto delle cause di insorgenza del conflitto spesso riconducibili a mancati rinnovi dei contratti, al mancato rispetto di accordi sottoscritti liberamente e consapevolmente dalle parti, la mancata erogazione, in alcuni casi settori, della retribuzione e non solo. In tal senso è auspicabile, come già più volte segnalato, la necessità di una norma affinché tutte le imprese ferroviarie che operano sul territorio applichino in misura stringente il Contratto Collettivo Nazionale del Settore. Il mero tentativo di rimuovere gli effetti dello sciopero rendendolo di fatto pressoché impraticabile non è accettabile, così come non è accettabile che il pulimento a bordo treno sembra essere un diritto da assicurare solo ad una fascia di viaggiatori che utilizza il servizio ad alta velocità. L’obiettivo comune, per evitare di arrivare al conflitto, deve essere quello di rimuoverne le cause. Altro elemento, ad avviso delle scriventi, che non può essere trascurato, risiede nella oggettiva quanto inconfutabile mancanza di regole contrattuali di lavoro comuni che non prevedono alcuna correlazione tra loro né condizioni uniformi tra i lavoratori. In sintesi, nell’ambito delle 44 imprese ferroviarie esistenti si applicano, a parità di regole per l’accesso all’infrastruttura e a parità di condizioni di lavoro, trattamenti normativi e retributivi diversi generando un dumping contrattuale che è diventato, a distanza di 25 anni dall’avvio dei processi di liberalizzazione, insostenibile oltre che intollerabile. Tutto ciò rende lo sciopero una conseguenza delle croniche inefficienze gestionali e infrastrutturali del settore.
Pertanto, dopo aver uniformato quanto sopra, tali discussioni potranno essere affrontate non più a compartimenti stagni avviando così una riflessione concretamente efficace e risolutiva rispetto al necessario contemperamento del diritto di sciopero con il diritto della persona costituzionalmente tutelato.
Oggi infatti, a differenza di come era nel 1999, si contano ben 44 imprese ferroviarie certificate sull’infrastruttura ferroviaria nazionale (dati Ansfisa) tra trasporto passeggeri e merci ed è fondamentale avere l’applicazione uniforme del Contratto Collettivo Nazionale del Settore nelle aziende operanti per poi andare a ridefinire le norme in materia di servizi minimi proprio a partire da un ragionamento che “deve comunque tener conto dell’utilizzabilità di servizi alternativi o forniti da imprese concorrenti”, come la stessa legge 146/90 impone e come la presenza di più imprese nell’attuale contesto del settore consentirebbe di fare. L’autorità, quindi, dovrebbe, nel rispetto di quanto voluto dal legislatore del 1990, stimolare l’apertura di una discussione tra le parti Sociali e tutte le aziende che operano nel settore per far sì che si possano superare prima queste diversità normative che agevolerebbero l’avvio di un confronto sull’equa regolamentazione dell’esercizio del diritto di sciopero in tutto il settore del trasporto ferroviario compresi i servizi accessori e complementari – senza lasciare spazio a esercizi di dumping normativo.
Ci appare invece evidente la volontà della Commissione di far pagare il costo di tale situazione, come accaduto negli ultimi decenni, a lavoratrici e lavoratori, con un ulteriore indebolimento del diritto di sciopero, che ci priverebbe dello strumento collettivo primario di difesa dei diritti laddove la contrattazione non riesce nel proprio intento, rendendo costantemente unilaterali le future evoluzioni organizzative e operative, la violazione aziendale dei contratti di lavoro, abbandonando lavoratrici e lavoratori in un circolo vizioso continuo di compressione della qualità del lavoro e conseguentemente, del servizio stesso, dove in ultima analisi a farne le spese, in modo congiunto e radicale, sarebbe la stessa utenza, lo stesso servizio alla persona, che si intende per legge tutelare.
Le Segreterie Nazionali

Roma 19 Settembre 2024

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