21 Gennaio 2013
Da qualche tempo girava la voce di una rivisitazione dell’art. 31 della legge 413 che permette ai marittimi di macchina e radiotelegrafisti di beneficiare di un pensionamento anticipato a 55 anni, naturalmente a certe condizioni. Per questo, e per capire cosa stava “bollendo in pentola”, la FIT-CISL ha scritto al Direttore Generale del Ministero dei Trasporti Puija sottolineando il danno che la cancellazione od il ridimensionamento dell’art 31 avrebbe prodotto ad una categoria già martoriata. Ora che la notizia della modifica è diventata ufficiale vediamo quali conseguenze tale improvvida novità può comportare.
L’art. 31 della Legge 413 del 1998, attualmente prevede la possibilità che il marittimo di macchina ed il radiotelegrafista con 20 anni di contributi di cui 10 al servizio di macchina (o radio) possa chiedere, al compimento del cinquantacinquesimo anni di età, il pensionamento anticipato.
Premesso che radiotelegrafisti, dopo l’introduzione del sistema di software di sorveglianza GDMSS non ne esistono più e che i personale di macchina è meno di un quinto dell’intero numero dei marittimi (introduzione dell’automazione etc.) che Confitarma stima nel totale di 53.000 unità tra tutte le l categorie, il calcolo della pensione anticipata è di per sé penalizzante. Infatti, nel conteggio non vengono inclusi i periodi di lavoro a terra, di comandata, ed i periodi di distacco sindacale in base alla legge 300, etc. Questi sono aggiunti al compimento dell’età per la pensione di vecchiaia ( 66 anni e tre mesi).
Occorre poi pensare che dopo l’introduzione del Registro Internazionale che sulle navi da carico vede un numero ridottissimo di italiani ( al massimo 6 ) in prospettiva , il personale di macchina operativo si ridurrà in maniera drastica in particolare nelle figure di sott’ufficiali e comuni (rating). E già oggi questo personale per motivi di costi, a fronte della crisi del trasporto marittimo, è stato espulso dalle navi.
Occorre ora ricordare che il 90% dei marittimi non ha un rapporto stabile con l’armatore e non ha titolo a qualsiasi forma di cassa integrazione. Inoltre a differenza degli altri lavoratori pur avendo per anni (in particolare il personale di macchina) lavorato a bordo “immerso” nell’amianto , il marittimo non beneficia di quella legge che permette di aumentare l’anzianità e quindi anticipare la pensione. Il marittimo poi è stato anche escluso dal beneficio pensionistico previsto nel caso del lavori usuranti e del lavoro notturno.
In un quadro di questo genere, con centinaia di marittimi espulsi da lavoro (dramma di cui nessuno parla) il ricorso all’articolo 31 della legge 413 è l’unica ancora di salvezza.
E’ bene sottolineare peraltro che a questo articolo non c’è mai stato grande ricorso, visto il computo parziale della pensione. Ma di fronte alla mancanza di reddito per gli espulsi dal mercato esso poteva essere in aumento. Eppure nessuno sembra fare queste semplici riflessioni. Per non parlare poi del fatto che in un mestiere del genere, tra lontananza, difficoltà operative , andare in pensione a 66 anni è davvero un atto di ingiustizia. In campo internazionale infatti quasi tutti i paesi hanno un occhio di riguardo per il pensionamento dei marittimi. Nel senso che in genere l’età per la pensione di vecchiaia è in media sui 60 anni. In Grecia , per esempio, prima dell’ultima riforma, tutti i marittimi potevano andare ia pensione a 55 anni,
La Internazionale dei trasporti, Itf sostiene che i marittimi hanno bisogno di anticipare l’età pensionabile rispetto ad altri lavoratori anche per motivi di sicurezza. Non si può infatti pretendere che un lavoro operativo così delicato sia svolto in particolare per alcune categorie sino ad età avanzata. E’ vero che, in particolare sulle navi da crociera, vi sono comandanti anziani ma alcune compagnie, come per esempio la Princess del gruppo Carnival, hanno comunque fissato il limite a 65 anni.